Biografia 1930-1945

1930-1934
GENTILE E L’ENCICLOPEDIA TRECCANI.
LE NOZZE CON ORSOLA CORRADO
Gastone Rossi Doria, Orsola Corrado La Malfa e Ugo La Malfa. Roma, 28 giugno 1934, FULM, Archivio Fotografico

Nel marzo del 1930, ancora per interessamento di Manlio Masi, viene assunto come redattore dall’Enciclopedia Treccani diretta da Giovanni Gentile. Lavora ad alcune voci della sezione Industria, voll. VIII-XXII, che appaiono senza firma per i suoi precedenti politici. Il ricordo di La Malfa nell’Intervista del 1977 a Ronchey è: «[Gentile era] una specie di capotribù. Dal punto di vista della cultura filosofica era un uomo di prim’ordine ma… era un siciliano, la sua patria potestà era passata dalla famiglia al clan» (La Malfa, Intervista 1977, p. 9). Nell’ambiente della Treccani conosce e stringe rapporti di amicizia molti giovani intellettuali: Federico Chabod, Guido Calogero, Manlio Rossi DoriaGastone Rossi DoriaWolf GiustiWalter MaturiFrancesco GabrieliMario Niccoli. Nel 1933 esce sulla rivista L’educazione nazionale, diretta da Giuseppe Lombardo-Radice, il saggio I limiti della scienza economica. Alla Treccani incontra Orsola Corrado (Palermo 1901-Roma 1986), impiegata all’Ufficio Schedario della Treccani. La sposerà il 28 luglio 1934.

1934
CON MATTIOLI ALLA BANCA COMMERCIALE ITALIANA
Raffaele Mattioli

Ancora su segnalazione di Manlio Masi a Raffaele Mattioli, La Malfa viene assunto dalla Banca Commerciale Italiana come vice-direttore dell’Ufficio Studi allora diretto da Antonello Gerbi. Si trasferisce a Milano. Si occupa inizialmente «dei servizi continuativi…: archivi, dossier, bilanci, spoglio giornali, bollettino settimanale delle materie prime e dei mercati, rassegna trimestrale, tenuta a giorno delle tabelle e dei listini, ecc.» (Pino-Montanari 2003, p. 64).

In una lettera all’amico Cattani del 18 settembre 1934, dopo una visita a Bergamo e dintorni, scrive: «Sono rimasto assai entusiasta sia per la bellezza dei luoghi sia per l’impressione di intensa attività che tutto il territorio ancora dà… La possibilità di vedere settimanalmente tanti bei luoghi, e soprattutto di osservare una zona di intensa attività industriale, ci riconcilia con Milano» (in La Malfa 2005, pp. 43-44). Ricordando quel periodo nell’Intervista a Ronchey, dirà: «[A Milano] cambiò completamente la mia vita. Nell’Ufficio Studi, accanto ad Antonello Gerbi, si era in comunicazione col pensiero economico straniero… Cominciai a conoscere Keynes, quindi il pensiero economico americano e il New Deal, il laburismo e il fabianesimo. Cominciai a valutare criticamente i problemi dell’economia italiana [e a] conoscere quello che maturava nel mondo anglosassone» (La Malfa, Intervista 1977, p. 11). L’inserimento a Milano, avrebbe scritto il suo amico Sergio Telmon, fu difficile, anche per «l’ostracismo e l’avversione con cui lo avevano accolto un direttore centrale che avrà più tardi un ruolo di rilievo sulla scena politica italiana [Giovanni Malagodi] e il suo superiore diretto all’Ufficio Studi [Antonello Gerbi]». A Telmon La Malfa aveva raccontato: «ero appena sposato, perseguitato, ero stato in prigione, non conoscevo nemmeno Milano. Mi trattarono gelidamente» (Telmon 1983, p. 33). A un esponente repubblicano La Malfa confiderà che i due dirigenti avevano domandato a Mattioli il suo licenziamento (Soddu 2003 p. 85).

1934
CONTRO L’ECONOMIA CORPORATIVA DI
UGO SPIRITO

Sulla rivista Nuovi studi di diritto, economia e politica diretta da Ugo Spirito, esce il saggio Evoluzioni dottrinarie in cui La Malfa critica la teorizzazione dell’economia corporativa formulata da Spirito. Il saggio originariamente era stato mandato alla rivista La Riforma sociale di Luigi Einaudi, il quale però aveva deciso, alla luce di una discussione avvenuta tempo prima con Benedetto Croce, di non affrontare questioni dottrinarie di questo tipo: «[Einaudi] si pentì molto di avere contribuito a una discussione che secondo lui non approdava a nulla di buono. Questo atteggiamento di fastidio spiega perché Einaudi non pubblicò sulla Riforma un buon saggio che il giovane Ugo La Malfa… gli aveva mandato il 6 aprile del ’34 a proposito delle teorie di Spirito, nonostante si trattasse di un intervento in difesa dell’economia ortodossa» (Faucci 1986, p. 272).

Scrive La Malfa in un passo di quel saggio: «… quando si ponga a base di un ipotetico sistema economico l’azione di una molteplicità di soggetti, il risultato di quest’azione diventa inconoscibile concretamente, per l’impossibilità di accertare e affermare le infinitesimamente variabili posizioni economiche soggettive. Ma per ciò stesso ci si apre la via alla conoscenza teorica o scientifica cioè alla formulazione di leggi… Quando si ponga invece a base di un ipotetico sistema economico l’azione di un unico soggetto, lo Stato, il risultato di questa azione diventa conoscibile concretamente… ma per ciò stesso ci si preclude la via ad ogni conoscenza teorica o scientifica… Il mondo economico così postulato non viene caratterizzato da alcuna logicità economica intrinseca» (in La Malfa, Scritti 1925-1953, pp. 47-48).

E aggiunge: «A questo punto sarebbe già possibile una conclusione definitiva circa lo sforzo di Ugo Spirito nel tentare di costruire il sistema di una nuova scienza. Abbiamo visto infatti che, nonostante i suoi acuti approfondimenti e il suo crescente tecnicismo scientifico, … il suo punto di arrivo è stato tutt’altro che scientificamente rilevabile anzi da legittimare tutta la posizione teorica della vecchia scienza… Se dunque, automaticamente, il problema è apparso tale da non potersi porre sui binari di una logica già tracciata e secolarmente approfondita, quale sarebbe ormai la posizione di Ugo Spirito?” (ibid., p. 50).

1935-1937
LA CERCHIA MILANESE E IL LEGAME
CON ADOLFO TINO
Vacanze di Natale sulla neve. Da destra Leone Cattani, Luisa La Malfa, Guido De Ruggiero e Ugo La Malfa, FULM, Archivio Fotografico

Il 22 luglio 1935 nasce a Milano la prima figlia, Luisa.

La Malfa entra a far parte della cerchia di Raffaele Mattioli. È spesso ospite nella casa di quest’ultimo in Via Bigli e attraverso Mattioli incontra molte personalità della cultura e dell’economia. Stringe un legame di profonda amicizia con Adolfo Tino. Tino era stato precocissimo giornalista al Giornale d’Italia e antifascista fin dall’avvento del regime, si era poi trasferito a Milano, dove esercitava la professione forense. Avrà, con La Malfa, un ruolo importante nella nascita del Partito d’Azione (Pd’A) nel 1942.

Conosce e frequenta Ferruccio Parri, allora capo dell’Ufficio Studi della Edison, che sarà uno dei capi della Resistenza e futuro Presidente del Consiglio. Comincia, inoltre, a frequentare i nuclei antifascisti del nord Italia e a tessere una rete di contatti che poi sfocerà nella creazione del Pd’A.

Nel 1935 conosce anche Paolo Baffi, in quel momento assistente di Giorgio Mortara all’Università Bocconi e successivamente funzionario della Banca d’Italia e poi Governatore negli anni Settanta. Un anno dopo, Baffi, passato all’Ufficio Studi della Banca d’Italia a Roma, mette in cantiere con La Malfa una «grossa ricerca sull’economia italiana che durò tre anni e si svolse attingendo largamente ai ben forniti archivi dell’Ufficio Studi della Banca Commerciale» (Baffi, Intervista 1990, p. 199).

Nel settembre 1937, La Malfa pubblica sul Giornale degli economisti il saggio “Presupposti e limiti della scienza economica”, che riprende e approfondisce le questioni esaminate nella critica a Ugo Spirito.

1938
DIRETTORE DELL’UFFICIO STUDI DELLA BANCA COMMERCIALE ITALIANA
Palazzo della Banca Commerciale Italiana, fine XIX secolo

Viene pubblicata la ricerca L’economia italiana nel sessennio 1931-1936, opera in tre volumi «compilata», come scrive il Governatore della Banca d’Italia nella prefazione, «dal Servizio studi economici e statistica della Banca d’Italia, con la cooperazione dell’Ufficio Studi della Banca Commerciale Italiana e dei Servizi di consulenza e di studi del Credito Italiano». Scriverà Paolo Baffi: «La non indicazione degli autori fu dovuta probabilmente alla difficoltà politica di menzionare La Malfa che con Campolongo… aveva dato il maggior contributo all’avanzamento dei lavori in sede Comit e redatto personalmente alcuni capitoli» (Baffi, Intorno a due iniziative 1990, p. 57).

Nell’ottobre, entrate in vigore le leggi razziali, Mattioli invia Gerbi in Perù. La Malfa viene nominato direttore dell’Ufficio Studi. La Malfa redige la voce Banca Commerciale Italiana per l’Enciclopedia bancaria, pubblicata in due volumi nel 1942.

1939-1941
L’AMBIENTE ANTIFASCISTA DEMOCRATICO
Enrico Cuccia, 1930 ca., Archivio storico Mediobanca "Vincenzo Maranghi"

Il 13 ottobre 1939 nasce a Milano il figlio Giorgio.

La Malfa stabilisce un rapporto di profonda amicizia con Enrico Cuccia, appena assunto da Mattioli in Banca Commerciale dopo molteplici esperienze nel giornalismo, in Banca d’Italia e nell’IRI. Nel dopoguerra Cuccia sarà prima direttore generale, poi anche amministratore delegato di Mediobanca.

Risale a questo periodo l’intensificazione dei contatti con tutto l’ambiente dell’antifascismo democratico. In una lettera a Leo Valiani del 10 ottobre 1962 ricostruirà la trama dei contatti di quel periodo: «Da una parte mi legavo ad Amendola, a Salvatorelli e ai crociani come Tino, De RuggieroAmodeoRusso, Vinciguerra, dall’altra, attraverso Bauer, Rossi, Parri, e poi Andreis ecc. mi legavo a Giustizia e Libertà. Ed in effetti, dal 1928 in poi, io acquistavo questa doppia funzione che mi consentì di fare da tramite fra i due gruppi. Più tardi, fui il legame diretto col gruppo liberal-socialista di Calogero e con il gruppo repubblicano di [Oronzo] Reale. Sicché fui, fra tutti, quello che aveva legami diretti e personali nei vari gruppi. Nessuno più di me si poteva muovere dal gruppo crociano al gruppo di Giustizia e Libertà, al gruppo liberal-socialista e repubblicano. Il Partito d’Azione, espressione di tali gruppi nacque attraverso la cucitura che io ero andato preparando negli anni precedenti» (Archivio Centrale dello Stato, Carte Fondo La Malfa, b. 71, f. 1, in Soddu 2008, p. 101). Aggiungerà nell’Intervista: «Poiché io avevo avuto varie esperienze passando attraverso diversi ambienti, potevo avere le qualità per unirli, mentre altri avevano le qualità per dividerli» (La Malfa, Intervista 1977, p. 23).

Nel corso del 1941, confinati sull’isola di Ventotene nel Mar Tirreno, Altiero Spinelli e Eugenio Colorni scrivono Per un'Europa libera e unita. Progetto d'un manifesto, poi noto come Manifesto di Ventotene. Ricorderà Altiero Spinelli nella sua autobiografia che La Malfa gli aveva inviato una lettera clandestina molto importante a commento della prima bozza, in cui faceva notare come nell’analisi mancasse il riferimento al ruolo degli Stati Uniti: «… egli [La Malfa] ci faceva notare come nel Manifesto mancasse completamente la percezione della posizione dominante che in Europa avrebbe avuto nel dopoguerra l’America. Solo gli Stati Uniti – egli diceva in sostanza – avrebbero costituito un freno all’espansionismo comunista promanante dall’Unione Sovietica. Perciò ogni problema di rinascita democratica in Europa e di una sua eventuale unificazione si sarebbe necessariamente dovuto imperniare intorno alla potenza americana… La lettera di La Malfa indusse me e Rossi a fare più attenzione al ruolo futuro degli Stati Uniti…» (Spinelli 1984, p. 317).

1942
IL DOCUMENTO SEGRETO DI LA MALFA E TINO ARRIVA A NEW YORK
Targa commemorativa della fondazione del Partito d’Azione, Roma

Fra la fine del 1941 e l’inizio del 1942, La Malfa e Adolfo Tino elaborano insieme un documento indirizzato agli antifascisti di New York e in particolare al conte Carlo Sforza sui movimenti che si stanno determinando in seno al regime. In particolare, nel documento vengono descritte, in termini anticipatori rispetto a ciò che avverrà nel luglio del ’43, le trame della monarchia che intende eliminare Mussolini e sostituirlo con un generale, cercando così di attenuare le responsabilità della corona nella tragedia che ha investito l’Italia e di salvarla di fronte all’ormai probabile crollo del regime che la sconfitta militare provocherà.

Il documento trascritto in caratteri minutissimi da Enrico Cuccia e cucito nel dorso della sua agendina, viene portato, con un viaggio avventuroso attraverso la Francia e la Spagna, in Portogallo e lì consegnato agli americani che lo trasmetteranno al conte Sforza. Da quest’ultimo viene fatto pervenire al quotidiano New York Times che lo pubblicherà in inglese il 28 giugno. Il documento apparirà, inoltre, sul settimanale della Mazzini Society di New York il 9 luglio. Il punto politico centrale del documento, che poi caratterizzerà tutte le posizioni del Pd’A, è quella che si può chiamare la “pregiudiziale istituzionale repubblicana”. Si legge nel documento: «Tale posizione non solo è essenziale per ragioni di principio derivanti dalla schiacciante corresponsabilità assunta dalla monarchia nei confronti del Fascismo ma è indispensabile all’avvenire delle forze politiche italiane, perché essa è la sola idonea ad attuare la loro unione su un piano comune e nuovo di azione politica, capace di svolgimenti durabili e benefici e nell’ordine interno e nell’ordine internazionale» (La Malfa, Scritti 1925-1953, p. 94). Questo documento, spiegherà Adolfo Tino nel 1967, presente anche La Malfa, in una intervista sul Pd’A, «fu veramente il fatto più importante e clamoroso… Il memoriale che facemmo noi diventò il testo dello State Department… Sulla base di quel memoriale lo State Department sostenne l’Italia; e su di esso si fondò la neutralità dello State Department sulla questiona istituzionale» (La Malfa 1985, p. 532)

Il 4 giugno a Roma, nella casa dell’avvocato Federico Comandini, si svolge una riunione tra le varie componenti del movimento antifascista, liberale e democratico. Quell’incontro è ritenuto il momento della trasformazione del movimento in Partito d’Azione. Alla riunione, come ricostruisce Giovanni De Luna nel 1982, presero parte: «La Malfa, Comandini, Volterra, Mercurelli, Albasini Scrosati, Vinciguerra e due delegati dell’Italia meridionale e della Sicilia» (De Luna 1982, p. 39). La riunione era stata preceduta sette giorni prima da una analoga riunione a Milano, nella quale era stato approvato il testo programmatico in sette punti del Pd’A, anch’esso prevalentemente redatto da La Malfa e Tino.

1943
L’ITALIA LIBERA, IL GIORNALE DEL PARTITO D’AZIONE
«In questo tragico momento di vita nazionale che il fascismo ha avvilita e disonorata…»
L’Italia libera, n. 1, gennaio 1943, Archivio Fondazione Ugo La Malfa

All’inizio dell’anno esce il primo numero clandestino del giornale del Pd’A L’Italia libera. Sono La Malfa e Tino a trovare la tipografia, i finanziamenti e organizzare la distribuzione. Il giornale contiene un articolo, intitolato “Chi siamo”, redatto da La Malfa e Tino. Vi si legge: «In questo tragico momento di vita nazionale che il fascismo ha avvilita e disonorata, si costituisce ed esce dalla cospirazione, incontro al popolo italiano, il Partito d’Azione. Storicamente idealmente legato ai movimenti che dal 1922 in poi hanno affermato nel pensiero e nell’azione l’esigenza democratica, ed al sacrificio di Amendola, Gobetti, dei fratelli Rosselli e di quanti altri, dopo Matteotti, hanno consacrato la loro fede con l’esilio e nelle carceri, il Partito d’Azione non è la continuazione di nessuno di tali movimenti, ma tutti li comprende e li supera, in un disegno e in un’azione politica più ampi, più decisi e più radicali» (La Malfa Scritti 1925-1953, p. 108).

Il giornale contiene inoltre i sette punti programmatici, frutto di un’elaborazione collettiva del gruppo dirigente del nuovo partito. In sintesi, i sette punti riguardano «l’opzione repubblicana, il decentramento amministrativo, la nazionalizzazione dei grandi complessi finanziari, industriali e assicurativi e la libertà di iniziativa economica per le piccole imprese individuali e associative, una radicale riforma agraria, la libertà sindacale e una partecipazione operaia agli utili dell’impresa, la separazione fra Stato e Chiesa, la federazione europea» (Pertici 2004).
Nonostante le precauzioni di La Malfa e Tino che organizzano la diffusione dell’Italia libera a partire dalle regioni più lontane da Milano, dove era stata individuata la tipografia nel quale stamparlo, la polizia fascista riesce a risalire progressivamente ai responsabili della pubblicazione. Racconta La Malfa nell’Intervista: «…tornavo nel maggio da una visita fatta a Croce perché io e Tino lo volevamo legare alla pregiudiziale repubblicana per farne il primo presidente della Repubblica» (La Malfa, Intervista 1977, pp. 17-18).

La fuga in Svizzera, ricercato dalla polizia fascista

È allora che la custode dello stabile in cui abitava lo informa che erano venuti a cercarlo con una macchina nera “degli amici” chiedendo quando rientrasse. La Malfa capisce che la polizia è sulle sue tracce e decide di rifugiarsi in Svizzera, passando prima per Bergamo dove è sfollata la sua famiglia e poi attraversando clandestinamente il confine sul Lago di Como con l’aiuto degli antifascisti di Bergamo, tra cui il giovane Bruno Quarti, che sarà un esponente importante della Resistenza in Lombardia. In Svizzera è ospite nella casa di Berna di Filippo Caracciolo, console a Lugano e simpatizzante del Pd’A. Avrà incontri con i rappresentanti degli Alleati, tra cui Allen Dulles, direttore dell’Office of Strategic Services (OSS), che ipotizza per lui un imminente trasferimento nel Regno Unito. Secondo la ricostruzione di Sergio Telmon, «nell’attesa La Malfa raggiunge, in un villaggio prossimo a Ginevra, il centro di smistamento e di addestramento dei [partigiani] clandestini europei. Fu un’esperienza indimenticabile: c’erano polacchi, belgi, cecoslovacchi, olandesi, francesi. Tutta gente senza nome. Tipi umani formidabili, ricorda La Malfa» (Telmon 1983, p. 48).

Mentre è a Ginevra lo raggiunge la notizia della caduta di Mussolini. Rientra in Italia all’indomani del 25 luglio e, in rappresentanza del Pd’A, siede nel comitato dei partiti antifascisti immediatamente costituitosi, la cui prima riunione si era svolta nell’ufficio di Adolfo Tino a Milano. Subito dopo si trasferisce a Roma, dove rappresenta, insieme al comitato dei partiti antifascisti, il Pd’A. Gli altri membri sono De Gasperi per la Democrazia Cristiana (DC), Casati per il Partito Liberale Italiano (PLI), Ruini per la Democrazia del Lavoro (DL), Nenni per il Partito Socialista, Scoccimarro per il Partito Comunista (PCI). Il comitato è presieduto da Ivanoe Bonomi; segretario è Sergio Fenoaltea, esponente, come La Malfa, del Pd’A. Questo comitato diventerà, dopo l’8 settembre, il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) che guiderà la Resistenza fino al termine della guerra.

La clandestinità nella casa romana dei Caracciolo

Nei giorni precedenti l’armistizio, presumibilmente il 5 e 6 settembre, si svolge a Firenze il primo Congresso clandestino del Pd’A. La Malfa pone al centro della discussione l’atteggiamento da tenere nei confronti del Governo Badoglio, propone di non partecipare al governo e di essere fermamente all’opposizione: «La discussione si svolse prevalentemente [sulla] partecipazione o meno ad un eventuale Governo Badoglio allargato, decisa in senso contrario col voto ad una deliberazione proposta da La Malfa» (Ragghianti 1954, p. 337).
L’8 settembre, con l’annunzio della firma dell’armistizio, inizia l’occupazione tedesca. La Malfa rientra in clandestinità. Mentre molti dirigenti antifascisti sono ospiti dei palazzi extraterritoriali del Vaticano, lui rimane nella casa romana di Filippo Caracciolo in via della Lungarina, con documenti falsi intestati al Prof. Ugo Cornali residente in via Tasso a Napoli. Il capoluogo partenopeo era stato ormai liberato, e questo avrebbe reso più difficili i controlli della polizia sulla validità dei suoi documenti. Nella casa romana di La Malfa vivono anche Edoardo Volterra e Riccardo Bauer, che sarà il capo dei partigiani romani.

Il 16 ottobre, a conclusione della riunione del CLN nella Roma occupata, viene emesso un comunicato nel quale si legge: «La guerra di liberazione, primo compito e necessità suprema della riscossa nazionale, richiede la realizzazione di una sincera e operante unità spirituale del Paese, e che questa non può farsi sotto l’egida dell’attuale Governo costituito dal re e dal Badoglio; che deve essere perciò promossa la costituzione di un governo straordinario il quale sia l’espressione di quelle forze politiche che hanno costantemente lottato contro la dittatura fascista e fino dal settembre 1939 si sono schierate contro la guerra nazista» (Ragghianti 1975, p. 43). È sostanzialmente la posizione intransigente di La Malfa sostenuta dai socialisti, e in quel momento dai comunisti, e fatta propria dal Comitato.

1944
IL RITORNO DI TOGLIATTI DALLA RUSSIA E LA QUESTIONE MONARCHICA
Palmiro Togliatti nel 1946, Archivo laPresse

Nel convegno del CLN tenuto nel gennaio a Bari, riemergono in seno all’antifascismo posizioni più o meno rigide sulla questione monarchica e sull’atteggiamento da tenere nei confronti del governo Badoglio e tuttavia il Congresso si conclude chiedendo l’abdicazione di Vittorio Emanuele e la costituzione di un governo veramente rappresentativo. Il ritorno in Italia di Palmiro Togliatti dalla Russia determina una svolta improvvisa della politica del PCI, fino ad allora fermamente antimonarchico. In una conferenza stampa tenuta a Salerno il 1° aprile, Palmiro Togliatti dichiara che i comunisti sono disposti a partecipare al governo «subordinando ogni altro interesse politico all’efficacia della condotta della guerra contro la Germania; non avanzavano alcuna pregiudiziale contro il maresciallo Badoglio; invitavano tutti gli altri partiti antifascisti ad accantonare la questione istituzionale per disporsi ad un’ampia coalizione governativa» (De Luna 1982, p 170). Il 12 aprile Vittorio Emanuele III annuncia la nomina del figlio Umberto a luogotenente generale. Il 24 aprile si insedia il nuovo governo Badoglio “di unità nazionale” con la partecipazione di ministri comunisti ed anche azionisti (Omodeo e Tarchiani) e questo apre una grave crisi in seno al partito.

Il 23 marzo una bomba posta dai partigiani in Via Rasella provoca la morte di 33 soldati tedeschi e 2 civili italiani. La rappresaglia tedesca è immediata: vengono uccisi alle Fosse Ardeatine 355 civili, molti dei quali antifascisti prelevati da Regina Coeli e da Via Tasso. Tra gli altri martiri vi è Pilo Albertelli, uno degli amici di più lunga data di Ugo La Malfa.
Il 6 giugno è un giorno cruciale della battaglia di La Malfa per la Repubblica. C’è una riunione al Grand Hotel all’indomani della liberazione di Roma, avvenuta il 4 giugno, con il CLN e con Badoglio. Dirà La Malfa a Ronchey: «Approfittando dell’onesta ambizione di Bonomi di divenire presidente del consiglio, al posto di Badoglio, il Partito d’Azione aveva posto tre condizioni per la partecipazione al governo: che il governo fosse tutto assunto dal Comitato di Liberazione Nazionale; che non si facesse il giuramento di fedeltà al luogotenente; che ci fosse un impegno per la convocazione, finita la guerra, dell’Assemblea Costituente e nel frattempo si insediasse un’assemblea consultiva.» (La Malfa, Intervista 1977, p 21). Prosegue La Malfa: «Quando Badoglio si presentò accompagnato da Croce e da Togliatti… Ruini a nome di tutti espose le tre condizioni. Badoglio si allontanò e mi parve che avesse perduto parte della sua baldanza… Per il mio innato scetticismo io pensavo che se il luogotenente avesse rifiutato le tre condizioni molti rappresentanti del CLN sarebbero entrati in un nuovo governo Badoglio… Ma il luogotenente accettò le condizioni del CLN, e questo fu forse il più grave dei suoi errori» (La Malfa, Intervista 1977, pp. 21-22). L’intransigenza, che La Malfa aveva mantenuto in questa lunga fase di preparazione al ritorno della libertà, aveva vinto.

Il 25 giugno viene emesso un decreto fondamentale per l’ordinamento provvisorio dello Stato. Esso prevede che, dopo la liberazione dell’intero territorio nazionale, abbia luogo l’elezione a suffragio universale d’una Assemblea Costituente, secondo le richieste del CLN.

Il congresso del Partito d’Azione

Il giudizio di La Malfa e del Pd’A sul governo Bonomi (18 giugno – 26 novembre) non è positivo, perché il governo viene considerato debole rispetto alla conservazione e al moderatismo. Questi dubbi inducono il Pd’A a collocarsi all’opposizione del successivo governo Bonomi (12 dicembre 1944 – 12 giugno 1945), ma acuiscono in seno al partito un dissidio che mina la capacità di tenerne unite le diverse anime, l’ala più moderata di Cattani e Antoni e quella più radicale legata essenzialmente all’esperienza di Giustizia e Libertà.

Le polemiche interne al Pd’A si manifestano nel Congresso Centro meridionale del partito tenutosi a Cosenza dal 4 al 7 agosto. Emerge la spaccatura che poi porterà nel Congresso del 1946 alla scissione. Da un lato esponenti come Aldo Garosci, e soprattutto Emilio Lussu, insistono per accentuare la natura del Pd’A come un partito “socialista” incentrato sul principio della lotta di classe. Dall’altro, la posizione di La Malfa, che vede il Pd’A come il partito di riferimento dei ceti medi nell’Italia da ricostruire, risulta minoritaria.

Il 17 settembre, al cinema teatro di Piazza Sonnino a Roma, La Malfa manifesta la sua opposizione alla linea emersa nel Congresso di Cosenza e scrive che «il socialismo non è [mai riuscito a diventare] idea di Stato, di governo, di rappresentanza di popolo, di amministrazione di popolo» (Il problema della democrazia e il Partito d’Azione, in La Malfa Scritti 1925-1953, p. 184). Interrogandosi sulla capacità propulsiva del Pd’A, e ancor più sui suoi limiti, adombra l’ipotesi di un’alleanza repubblicana fra i principali partiti antifascisti, esclusi comunisti e liberali, in grado di fornire, in quella fase decisiva, una soluzione «ardita e innovatrice, del problema nazionale, [innanzitutto assicurando] un sostegno stabile, e non labile, alla democrazia» (“Condizioni storiche e responsabilità politiche”, L’Italia Libera, 15 ottobre 1944, in La Malfa Scritti 1925-1953, p. 203).

Il 12 dicembre 1944 si costituisce il terzo gabinetto Bonomi con la partecipazione della DC, del PCI, del PLI, del Pd’A, del Partito della Democrazia del Lavoro (PDL di Ruini e del Partito Socialista Italiano Unità Proletaria (PSIUP) di Nenni.

1945
LA CADUTA DI MUSSOLINI LA MALFA MINISTRO DEI GOVERNI PARRI E DE GASPERI
Ugo La Malfa e Ferruccio Parri alla vigilia della costituzione del Governo Parri. Roma, Luglio 1945, FULM, Archivio Fotografico

Il 25 aprile l’Italia viene liberata. Il 27 aprile Mussolini è intercettato a Dongo sul Lago di Como mentre fugge verso la Svizzera. Viene ucciso. Il suo cadavere, quello di Clara Petacci e di alcuni gerarchi fascisti viene esposto in Piazzale Loreto a Milano il 28 aprile.

Sull’onda del 25 aprile, affluiscono a Roma le istanze del movimento di liberazione dell’Italia Settentrionale, che Nenni chiamò “il vento del Nord”. Cade il governo Bonomi e viene chiamato alla guida del governo l’azionista Ferruccio Parri (Pinerolo, 1890 – Roma, 1981), che era stato uno dei capi della Resistenza. La Malfa ritiene un grave errore politico per il Pd’A assumersi la responsabilità della guida del governo in un momento di grandi difficoltà e senza avere alle spalle un’organizzazione politica significativa.

Nominato Ministro dei Trasporti, La Malfa rafforza il dialogo con il leader socialista Pietro Nenni, cui propone un’intesa stabile con il Pd’A, in vista della formazione di un ampio blocco laico, pragmatico, interclassista e democratico, dominante rispetto al PCI, non appiattito sulla mera contrapposizione fra comunismo ed anticomunismo. Sostiene La Malfa che questo blocco sarebbe in grado di essere alternativo e dialettico rispetto a cattolici e comunisti. Nell’Intervista a Ronchey dirà di aver pensato «al centro-sinistra fin da allora. Ma… un centro-sinistra nel 1945, quando la DC non aveva diffuso e consolidato il suo potere, a tutti i livelli, … sarebbe stato diverso dal centro-sinistra degli anni a partire dal 1962. Questo appare un rattoppo rispetto a quello» (La Malfa, Intervista 1977, p. 34).

L’idea di La Malfa «comportava la rottura dell’unità d’azione fra socialisti e comunisti e l’approdo del PSI alla democrazia europea, in linea con la maggior parte dei partiti socialisti del continente… Allora, come molte altre volte successivamente, la risposta dei socialisti fu negativa» (Pertici 2003).

Nell’autunno entra in crisi il governo Parri che era stato osteggiato fin dall’inizio dalle correnti moderate del CLN, dai democristiani e dai liberali, e che viene fatto cadere dal PLI. Il 10 dicembre 1945 si forma il primo governo De Gasperi che durerà fino al 1 luglio 1946. La Malfa sarà Ministro per la Ricostruzione sino al 22 dicembre.